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L'uovo e la gallina


Tratto dal mio libro: Una fiction di e con l'autore

(...)

– Potresti darmi una mano?

– A fare cosa?

– A provare a scrivere.

– Non sarei in grado. Ci sono dei corsi per questo.

– Non posso permettermeli.

– Non sarei in grado di farlo io; non sono pronto per fare una cosa del genere.

– Come sei messo in italiano?

– Peggio di te, mi sono fermato alle medie.

– Come fai a scrivere.

– Ho letto molto.

– Copi.

– Non proprio; ma credo di sì.

– In che senso?

– Qualcosa ti rimane degli altri.

– Anche a quegli altri, a loro volta, gli sarà rimasto in testa qualcosa di quelli di prima.

– Può darsi; come la storia dell’uovo e la gallina.

Ridiamo. Andiamo.

Mentre andiamo in silenzio, penso. Penso che, in effetti, la prima scrittura per ideogrammi avesse la sola necessità di comunicare visivamente qualcosa a qualcun altro. Un bisonte, abbozzato con le corna ricurve, era disegnato tra gli alberi a indicare che nei pressi del bosco ne era stato intravisto uno. Così per molti, se ne metteva più di uno. Da quando si è sentita la necessità di farla diventare una finzione? Che quel bisonte era lì da solo in attesa che arrivasse la bisontessa (sempre lei, femmina) che, invece, aveva deciso di non incontrarlo mai più per il suo modo scorbutico di fare; lui (esso) sarebbe rimasto lì ad aspettarla, morendo d’inedia. Tengo il pensiero per me, ho persino una titubanza a scriverlo.

– Che pensi?

– Qualcosa che riferirei solo a uno psicanalista – sorrido.

– Ci sei mai stato?

– No. Ma ci andrei solo per poter cazzeggiare liberamente.

– A proposito di psicologia; da qualche giorno Gilda la vedo diversa, come se io le fossi estraneo. L’altro giorno ci ha tenuto persino a raccontarmi un suo sogno: faceva l’amore con te.

– Con me? – mi sminuisco col tono.

Annuisce col capo.

– Mi era sembrata preoccupata per questo; io ho minimizzato, dicendole che fosse normale visto che siete le uniche persone che frequentiamo, e le ho mentito dicendole che anch’io avevo sognato di fare l’amore con Francesca.

– Con Francesca? – sminuisco anche lei con lo stesso tono.

– Perché, cosa le manca?

– No, niente, niente. Ti ho interrotto, scusa.

– Non avevo intenzione di continuare; a meno che tu non voglia conoscere i dettagli.

– No, forse, non so.

Non tiene conto della mia esitazione, prosegue:

– Lei, mi ha raccontato, che ti incontrava in un pied à terre; sai, quelli per scapoli; che tu eri superdotato, a tal punto da spaventarsi non poco: “Un enorme fallo che pendeva moscio tra le sue gambe come una specie di zucca gialla.”

  • E quindi?

– Niente, si svegliava dall’incubo.

– Tu, invece, cosa ti sei inventato?

– Nulla, sciocchezze.

– Dille. Uno psicanalista terrebbe conto anche di quelle.

– Che ne sai?

– L’ho letto.

– Le ho raccontato, ma per finta, che Francesca fosse sdraiata sul divano con un body–corpetto nero trasparente, di un sexy che sembrava quasi nuda, sempre per finta, e che mi sbottonava con le sue lunghe dita la patta del pantalone per cercare il… insomma per finta.

– Basta così, se è per finta! – tronco, quasi adirato.

– Ma così, per finta.

– Ho capito, per finta, per finta; mi è chiaro!

– Sei arrabbiato?

– Dovrei essere sereno? Con una che mi sogna con un enorme verza floscia tra le gambe e uno che se lo fa cercare dalle mani di mia moglie, per finta, il suo enorme e falloso tubero?

– Oh, Nicola; che ti prende?

– Scusa, scusa. Mi sono lasciato andare.

– Non scusarti, ti capisco. Ti ho raccontato dei due sogni perché mi è venuta un’idea.

– Quale?

– Potrei cominciare a scrivere partendo da questa finzione onirica. Imbastire una storia come se fosse vera.

– È bene che tu non lo faccia, ne verrebbe fuori una storia pornografica.

– Ma tira, dice Gilda.

– Roba da voyeur.

– A me non dispiacciono, mi eccitano.

– A parte questo dettaglio, potrebbero essere facilmente identificate le nostre mogli.

– Chi se ne sbatte, se potessi fare soldi con questo, altro che partita doppia.

– Ora, sei cinico.

– Chi, io?

– Non certo io.

– Ah, sì? Perché la tua, di storia, non è più o meno simile?

– Tu che ne sai?

– Lo abbiamo sospettato sia io che Gilda.

Lo guardo sbigottito, gli sorrido. Non tengo conto della sua ultima affermazione, gli do corda sull’idea iniziale:

– Non sarebbe male la cosa: un doppio volume incellofanato di due autori diversi che parlano di due storie parallele, dove il mercantile baratto di mogli, e le due tresche conseguenti, sarebbero scritte nella illusoria finzione che l’altro non sappia; mentre ne è consapevole il solo lettore che, dopo aver letto il primo volume, passa a leggere il secondo con il perverso intento di conoscere come ha svolto la finzione l’altro – non gli dico che sarebbe molto più verosimile della mia storia delle cimici occultate: una finzione da bassa letteratura giallista.

– Nicola?

– Sì?

– È un’idea geniale!

Mi abbraccia.

– Sì; ma tu, hai abbastanza fantasia per scrivere?

– Sinceramente, non tanta. Come ragioniere sono molto realista.

E questo non sarebbe nemmeno tanto male, penso: un racconto più minuzioso e dettagliato che tenga conto del preciso orario degli incontri nonché numero di prestazioni, nel durante dei quali, farebbe da contrappunto al mio narrato più ovvio di fantasticherie sessuali. Persino più eccitante, credo. Il numero delle volte è stato sempre l’argomento sessuale più trattato.

Lo fisso, mi fissa.

– Cosa stai pensando?

– Cosa stiamo pensando, vorrai dire?

– Ci starebbero?

– Si potrebbe tentare; in fin dei conti ci aiuterebbero a risolvere i nostri problemi: il mio di diventare uno scrittore famoso, il tuo di non dover più tornare a fare calcoli.

L’ho buttata in vacca! Scosto la sedia dal bordo della scrivania con l’intenzione di allontanarmi dallo scritto. Volgo la testa in direzione del salotto, Francesca è chinata per terra nel tentativo di spolverare sotto il divano. La posizione carponi è invitante per un rapporto brutale: potrei montarla da tergo come un cane, una penetrazione secca che non le spiacerebbe. Che è quello che realmente desidero fare, ma che andrebbe descritta in un altro modo, alla Fabio Volo:

Ho capito che Sofia (Francesca, nel mio caso) non vuole solo sentirsi amata, non le basta, vuole sentirsi desiderata, vuole sentire che impazzisco per lei, impazzisco dalla voglia di sbatterla contro il muro, perché è così che a volte vuole fare l’amore. Vuole sentire la passione esplodere, vuole che le tiri i capelli, che la prenda con forza, che le morda la carne. Non me l’ha mai detto ma lo so. Lo sento[1]…

O, forse, alla Sandro Veronesi:

Ci siamo, Eleonora Simoncini (pure qui, Francesca). È chiaro che ora non è più il dito a premere contro il tuo culo. Ed è chiaro che non ti sto usando violenza, anche se con ogni probabilità te lo spaccherò. È chiaro che lo vogliamo entrambi, ed è chiaro anche il perché. È tutto chiaro. Del resto, è il bello della modalità d’attacco Sakai: tutto diventa chiaro. Ma ora il tasto R2 va rilasciato, è giunto il momento che il tempo ricominci a scorrere normalmente, per celebrare questo rito assurdo così saturo di destino – la nostra fusione, nella notte degli spettri, il nostro sodalizio simbiotico: Plug–in.[2]

E perché no, magari Dante:

Intesi ch’a così fatto tormento

enno dannati i peccator carnali,

che la ragion sommettono al talento.[3]

Ho dalla mia tre valide ragioni letterarie per procedere nella mia intenzione, le sono sopra.

– Nicola! Ti pare il momento?

Scuote l’anima mia Eros…[4]

Insisto. La denudo. La penetro.

– Nicola, no!

Mi spiace amore, ho dalla mia parte tutta la letteratura; dal dolce stil novo al postmoderno; e questo stupro alla Christian Grey[5] può condurmi al successo planetario. Non volermene.

– Nicola, mi fai male!

Ho messo insieme un mucchio di autori, per giungere a tanto. Di quelli che avranno venduto un miliardo di copie. Mi accontenterei degli avanzi. Resisti ancora un po’, sto per concludere

– Ahi!

Ho terminato.

Mi è venuta voglia di fumare.

Affaccio lato est. Un’alba livida, brumosa e incolore si stende sotto di me, come un velo grigiastro. Un giorno adatto per morire.

Non crediate che non lo stia pensando davvero; dopo un’ignobile idea da scambista, quella di un bestiale rapporto sessuale a senso unico e quella delle citazioni per nobilitare il testo, ho voglia di sparire sul serio. Non si ecciterebbe nemmeno il più segaiolo dei critici di una bottega editoriale. Il mio manoscritto sarebbe violentemente accartocciato e pattumierato senza neanche un vaffa di commento.

L’alba è sempre più livida, sempre più brumosa: “scialba,” mi ripeto compiaciuto.

(...)

[1] Fabio Volo: “è tutta vita” – Capitolo quindici - Ed. Mondadori.

[2] Sandro Veronesi: Caos calmo. Ed. La nave di Teseo.

[3] Dante, inferno canto V.

[4] Saffo, poesia: Tramontata è la luna.

[5] Personaggio di: “Cinquanta sfumature di grigio” di E. L. James.

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